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Pisa, terapia intensiva aperta ai familiari dei pazienti Covid: “Per umanizzare le cure”

Questo il post Facebook del primario del reparto di Rianimazione dell’Ospedale Cisanello di Pisa, Paolo Malacarne, che permette a una ventina di parenti di poter vedere i degenti:

 

 

«Umanizzazione delle cure» al tempo del Covid-19

Nei giorni scorsi, entrando e uscendo dal lavoro, ho visto più volte appeso alla cancellata dell’Ospedale di Cisanello uno striscione che diceva più o meno così: “Ridiamo il sorriso alle bimbe e ai bimbi pazienti oncologici”: in sostanza, a causa delle restrizioni all’accesso in Ospedale imposte dal Covid, la “Associazione Ridolina” ha dovuto interrompere la presenza ormai ventennale dei clown-dottori nel reparto di Oncoematologia Pediatrica di Pisa, dopo aver fatto negli ultimi 3 mesi la sua attività sotto un tendone montato all’aperto nel giardino sottostante la Pediatria a S.Chiara.

Da molti anni nella Rianimazione dove lavoro, i familiari dei malati ricoverati possono entrare dalle 12,30 alle 23,30 ininterrottamente, sedendosi accanto al letto del malato, sia esso in coma o sveglio: è la cosiddetta “Terapia Intensiva aperta”, che in tutti questi anni non ha generato una sola infezione in più né una sola denuncia in più, ma ha invece generato una umanizzazione delle cure tale per cui, paradossalmente, quando trasferiamo i nostri malati nei reparti di degenza ordinaria dove “il passo” è molto più restrittivo, i familiari e i malati stessi vivono una separazione non spiegabile.

“Non sono io che momentaneamente vivo dove lavorate voi, ma siete voi che lavorate dove momentaneamente vivo io” dice il malato a noi sanitari.
E quando un malato purtroppo si avvia al decesso, la presenza dei familiari in Rianimazione è garantita 24h/24, unico modo per dare ai familiari la possibilità della vicinanza fisica al malato.

Con il Covid, tutto è saltato: il malato covid è solo, e nessun familiare può accedere; se il malato muore, muore solo e nessun familiare lo può vegliare. Non solo: restrizioni all’accesso dei familiari anche per i malati ricoverati non-covid, restrizioni che hanno colpito anche la “Associazione Ridolina”

Qualche settimana fa Antonio Panti, medico di famiglia fiorentino oggi in pensione, da anni “profeta” della umanizzazione delle cure, in relazione a queste restrizioni e alla solitudine in cui sono oggi i malati in Ospedale e i loro familiari a casa, ha detto più o meno: “occorre un sussulto organizzativo che coniughi rispetto e sensibilità umana con prudenza e buon senso”

Nella Rianimazione-non covid dove lavoro, i familiari non hanno mai smesso di entrare in tutti questi mesi: certo, abbiamo messo alcune restrizioni per evitare “assembramenti” e via-vai nella sala di attesa e in Rianimazione ( 1 solo familiare per malato, con possibilità di darsi il cambio ma non prima di 4 ore), ma abbiamo considerato, assumendocene la responsabilità, i nostri malati ( e i loro familiari) come “fragili e vulnerabili”, dizione che consente la deroga al divieto di accesso dei familiari in Ospedale.

E nella Terapia Intensiva Covid di 8 posti letto che abbiamo in gestione dal 26 Ottobre a Cisanello, sopra la Rianimazione ? Perché non dare la possibilità, “con prudenza e buon senso” come dice Antonio Panti, a 1 familiare, per 20-30 minuti al giorno, alternando in relazione alla logistica del reparto l’ingresso a 2-3 familiari al giorno, in modo che ciascun malato possa ricevere una visita ogni 2-3 giorni ? Non sarà certo un problema di Dispositivi di Protezione, visto che oggi per fortuna ne abbiamo; e non sarà neppure un problema di rischio di contagio: come ci “bardiamo” noi sanitari, come si “bardano” le nostre compagne di strada dell’impresa di pulizie, allo stesso modo possiamo farlo fare ai familiari, sotto la nostra attenta supervisione.

Quindi…l’abbiamo fatto, e da una ventina di giorni nella nostra T.I. Covid entrano i familiari, “con prudenza e buon senso”, ma anche con “rispetto e sensibilità umana”.

E allora perché non mettersi attorno a un tavolo per cercare insieme, Direzione dell’Ospedale e “Associazione Ridolina” (che di certo buone idee ne hanno e intanto hanno messo su il bel progetto “Zona Arcobaleno” per stare vicino a casa loro ai bambini incontrati al S. Chiara) quel “sussulto organizzativo” che possa ridare il sorriso ai bimbi oncologici e per cercare insieme, Direzione dell’Ospedale e mondo sanitario, i modi per “ri-umanizzare le cure nell’era del covid-19” ?

 

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